Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 36411 del 13 dicembre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 36411 del 13/12/2022
Circolazione Stradale - Artt. 14 e 193 del Codice della Strada - Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade - Buca non segnalata e non delimitata - Caduta di pedone - Richiesta di risarcimento - Responsabilità - Nesso causale - Dimostrazione del pericolo - Una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode, per sottrarsi alla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato, mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa.


RITENUTO IN FATTO

che:

1. Nel 2005, (Soggetto 1) convenne in giudizio il Comune di (Omissis) per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, da quantificarsi in via equitativa, subiti in ragione delle lesioni riportate allorché in data 18 giugno 2003 camminando lungo la via (Omissis), si era trovata improvvisamente ad inciampare in una buca non segnalata, non delimitata e, ad occhio nudo, non immediatamente visibile, originata dal dissesto del manto stradale asfaltato, peraltro disseminato di brecciame.

Il Tribunale di Cosenza in accoglimento della domanda risarcitoria condannò il Comune al pagamento di Euro 53.259,56 oltre rivalutazione ed accessori, nonché le spese di consulenza e le spese processuali, distratte in favore del procuratore costituito.

2. Propose appello avverso tale sentenza il Comune di (Omissis) escludendo la configurabilità della propria responsabilità in ragione dell'evidenza del pericolo costituito dallo stato di dissesto del manto stradale e dell'asserita inesigibilità di attività di manutenzione dell'intera rete stradale territoriale, nonché contestando l'individuazione e la quantificazione dei danni.

La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza numero 912 del 13 giugno 2014, ha accolto l'appello e riformato interamente la sentenza impugnata rigettando la domanda della (Soggetto 1).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione la (Soggetto 1) deducendo che la Corte d'Appello avrebbe violato gli artt. 2051 e 2697 c.c., perché aveva addossato alla vittima l'onere di provare sia che lo stato dei luoghi fosse pericoloso e sia che la causa fosse potenzialmente pericolosa.

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 17625 del 5 settembre 2016 accoglieva il ricorso e cassava la sentenza impugnata sulla base del seguente principio di diritto una volta accertata l'esistenza di un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode, - per sottrarsi alla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. - provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato che può desumersi anche dall'agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa.

2.1. Riassunta la causa Corte d'Appello di Catanzaro con la sentenza n. 2254 del 20 dicembre 2018 ha ritenuto accertato il fatto che la strada presentasse evidenti e precarie condizioni in quanto caratterizzata da una diffusa presenza di buche e breccioline conosciute dalla (Soggetto 1) perché abitava nei pressi del luogo in cui era caduta. I giudici dell'appello hanno ritenuto la caduta non fosse da imputare alle condizioni della strada, ridotta al rango di mera occasione presupposto, ma ad un comportamento poco diligente del pedone che su di essa vi transitava.

La possibilità che aveva la (Soggetto 1) di accorgersi dello Stato della strada e del pericolo insito nella sua percorrenza, avrebbero imposto da parte sua una serie di cautele tali da permetterle di superare la situazione di difficoltà presente sui luoghi. La responsabilità del Comune, pertanto, finisce per cedere rispetto alla condotta della (Soggetto 1) che, proprio perché astrattamente idonea a poter superare il pericolo immediatamente percepibile, vale ad escludere invece la responsabilità del custode. Su tali basi, la Corte territoriale ha ritenuto provato il caso fortuito rappresentato dal fatto dello stesso danneggiato ed ha perciò escluso la responsabilità del Comune di (Omissis).

3. Propone ricorso in cassazione (Soggetto 1), sulla base di un motivo illustrato da memoria.

3.1. Il Comune di (Omissis) resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4.1. Con il primo ed unico motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia la "Violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 4: Nullità della sentenza derivante dall'omessa ed incongrua applicazione dell'art. 324 c.p.c., anche in relazione all'art. 2909 c.c., e dell'art. 384 c.p.c., comma 2, atteso che la Corte d'Appello ha disatteso il dictum rescindens e il giudicato, già individuato dalla pronuncia rescindente di legittimità, in ordine al mancato assolvimento da parte del Comune, dell'onere di provare la sussistenza di un comportamento colpevole della parte danneggiata idoneo ad escludere la responsabilità risarcitoria".

Lamenta la ricorrente che la Corte d'appello nella sentenza impugnata, sulla base della pronuncia rescindente, ha ribadito la sussistenza del nesso di causa tra la cosa e l'evento dannoso ma ha omesso poi, nella parte seguente, di dar seguito alla restante motivazione in cui la Corte di legittimità ha affermato che il Comune pur essendone onerato, non aveva adempiuto all'onere di fornire la prova liberatoria del comportamento incauto della parte danneggiata. La mancanza di tale prova costituiva oggetto di ormai incontrovertibile statuizione passata in giudicato. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto limitarsi alla valutazione relativa alle contestazioni, se ribadite, afferenti all'entità del danno. Pertanto avrebbe errato la Corte d'Appello perché esorbitando del tutto dai limiti del proprio sindacato così come circoscritti all'esito della pronuncia rescindente, ha ritenuto sussistere la prova della condotta incauta della parte danneggiata, in base, oltretutto, a quei medesimi elementi che nella sentenza cassata erano stati erroneamente valutati sotto altro profilo, cioè per escludere la pericolosità della res damnosa.

5. Il motivo è inammissibile.

La sentenza di questa Corte n. 17625 del 5 settembre 201 ha affermato il seguente principio di diritto: Una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode - per sottrarsi alla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., - provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato (che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa.

Al fine di stabilire come debba ripartirsi l'onere della prova tra danneggiato e custode, nei casi in cui si applichi l'art. 2051 c.c., la Corte ha affermato che quando il danno è causato da cose dotate di un intrinseco dinamismo, l'attore ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la causa ed il danno, mentre non è necessaria la dimostrazione della pericolosità della cosa.

Quando il danno è causato da cose inerti e visibili (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili) il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno dimostrandone la pericolosità. La pericolosità della cosa fonte di danno non è, dunque, fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma è un indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c.c., la sussistenza di un valido nesso di causa tra la cosa inerte e il danno nel senso che quando questo si assume provocato da una cosa priva di intrinseco dinamismo, dal fatto noto che quella cosa fosse pericolosa il giudice può risalire al fatto ignorato dell'esistenza del nesso di causa; mentre dal fatto noto che non lo fosse potrà risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno.

Ebbene, questa Corte ha ritenuto, nel caso di specie, dimostrata la sussistenza del nesso di causa tra la cosa ed il danno. Una volta stabilito ciò sarebbe stato onere dell'amministrazione convenuta provare la colpa esclusiva e concorrente o concorrente della vittima.

Su questo principio si è espressa la Corte d'appello che ha ritenuto che la caduta della ricorrente fosse da ricondurre ad un comportamento poco diligente del pedone che su di essa vi transitava. Ha valutato anche la possibilità che aveva la (Soggetto 1) di accorgersi dello stato della strada e del pericolo insito nella sua percorrenza che avrebbero imposto una serie di cautele tali da permetterle di superare la situazione di difficoltà presente sui luoghi. Pertanto, il giudice del rinvio ha ritenuto che la responsabilità del Comune finisce per cedere rispetto alla condotta della ricorrente che, proprio perché astrattamente idonea a poter superare il pericolo immediatamente percepibile, conduce ad escludere la responsabilità del custode.

Tale pronuncia si pone in linea di continuità con Cass. n. 9315/2019 e Cass. n. 2480/2018 (tra le tante) dove si è affermato che In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

5.1. Infine, l'inammissibilità del ricorso consente di non doversi pronunciare sull'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del procedimento notificatorio ex artt. 375 e 325 c.p.c., sollevata dal Comune controricorrente.

6. Le spese seguono la soccombenza.

6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l'art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) - della sussistenza dell'obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.200 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2022.

 

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