Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 3, ordinanza n. 36172 del 12 dicembre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 3, ordinanza numero 36172 del 12/12/2022
Circolazione Stradale - Artt. 14 e 193 del Codice della Strada - Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade - Incidente stradale causa buca - Richiesta di risarcimento - Inattendibilità del teste e contradditorietà delle versioni - Anche se ritenuta utilizzabile la testimonianza dell'unico teste addotto dall'attore quale persona che ha assistito all'incidente per cui è causa, la sua inattendibilità unitamente alla contraddizione tra la sua versione e quella esposta in citazione dall'attore ed alla dinamica dei fatti, il sinistro potrebbe non reputarsi adeguatamente provato con la conseguenza di vedersi respinta la richiesta di risarcimento del danno.


RITENUTO IN FATTO

che:

Con atto di citazione notificato il 13/12/2005 (Soggetto 1) ha convenuto in giudizio il Comune di Pozzuoli innanzi al Tribunale di Napoli, al fine ottenere la condanna dell'Ente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro occorsogli in data 21/2/2002, allorquando, mentre percorreva una via di quel Comune alla guida di un ciclomotore, di proprietà del padre, cadeva a causa di una buca presente sul manto stradale, non visibile, secondo il ricorrente, in quanto ricolma d'acqua per la pioggia caduta, riportando lesioni con postumi permanenti.

A seguito del tentativo di risoluzione in via stragiudiziale, si è costituito l'Ente convenuto, resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto.

In corso di causa ha spiegato intervento volontario l'Istituto di Previdenza del Settore Marittimo (ente in seguito soppresso, con riassunzione della causa nei confronti dell'INAIL), assumendo di aver corrisposto all'attore, lavoratore marittimo, in conseguenza del sinistro, l'importo di Euro 24.240,80 a titolo di indennità giornaliera di inabilità temporanea, e chiedendo la surroga, fino a concorrenza dell'importo corrisposto, nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile.

Con la sentenza n. 5242/15 del 9/4/15, il Tribunale di Napoli, previa declaratoria di nullità dell'unica testimonianza assunta, ha rigettato la domanda attorea, ritenendo non sufficientemente provato l'an. Avverso suddetta decisione (Soggetto 1) ha proposto appello.

La Corte d'Appello di Napoli con la sentenza n. 506/2020 ha rigettato il gravame per difetto di prova.

La Corte ha osservato che, pur dovendo essere ritenuta utilizzabile la testimonianza dell'unico teste addotto dall'attore quale persona che ha assistito all'incidente per cui è causa, tuttavia la prova testimoniale raccolta è inidonea all'accertamento della fondatezza della domanda, in quanto: "...anche alla luce del contenuto della deposizione resa dal teste, la dinamica del sinistro descritta in citazione non possa reputarsi adeguatamente provata. Va, in primo luogo, evidenziato che la deposizione resa dal teste escusso offre una ricostruzione diversa da quella descritta nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, ove non vi è menzione alcuna di una circostanza decisiva rispetto all'eziologia delle lesioni patite...".

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione (Soggetto 1) articolando tre motivi.

Il Comune di Pozzuoli ha notificato controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo si prospetta la violazione o la falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ossia l'omesso esame di un documento decisivo ai fini della decisione, e si assume che la Corte d'Appello ha ritenuto che vi sia contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste e quanto si afferma nell'atto di citazione, ove si legge che (Soggetto 1), dopo aver impattato la buca "cadeva rovinosamente a terra". Nell'esprimere tale giudizio di inattendibilità la Corte territoriale avrebbe violato l'art. 116 c.p.c., in quanto avrebbe omesso l'esame del verbale stilato dagli agenti di P.S., intervenuti sul luogo del sinistro nel quale sarebbe riportato un fatto decisivo ai fini della decisione: da tale documento, in sostanza, risulterebbe provato, in quanto accertato dagli agenti di P.S. intervenuti sul luogo del sinistro, l'impatto dello (Soggetto 1) con il palo dell'illuminazione pubblica, cioè esattamente quanto riferito dal teste.

Con il secondo motivo si prospetta la contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte avrebbe errato nel ritenere che il ciclomotore condotto dallo (Soggetto 1) sia caduto a terra a causa della sua eccessiva velocità in ragione dello spostamento trasversale a terra del veicolo per circa 2,2 metri. Il ciclomotore, invece, come dichiarato dal teste, sarebbe finito nella buca, si sarebbe bloccato e, per inerzia, sarebbe scivolato mentre il conducente sarebbe stato scaraventato contro il palo dell'illuminazione stradale, finendo poi a terra.

Con il terzo motivo si prospetta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la Corte d'Appello avrebbe sussunto erroneamente sotto i tre elementi caratteristici della presunzione ossia gravità, precisione e concordanza, fatti concreti che non sarebbero invece rispondenti a quei requisiti, pervenendo, in tal modo ad un giudizio di inattendibilità del teste. Infatti, la Corte d'Appello ha ritenuto non verosimile che il teste, sedicente amico d'infanzia del danneggiato e che ha riferito di essersi accorto immediatamente della gravità delle sue condizioni, in attesa dell'ambulanza e in mancanza di un telefono cellulare, si sia allontanato dal luogo del sinistro per avvisare i parenti del danneggiato.

I tre motivi possono valutarsi insieme e sono inammissibili.

Essi mirano a censurare la valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito, valutazione rimessa alla sua discrezionalità.

Sia il giudizio sul valore delle singole prove che la complessiva valutazione del loro insieme sono giudizi rimessi al giudice di merito, e censurabili in cassazione solo per difetto rilevante di motivazione o per errore percettivo.

Peraltro, il giudizio della corte di merito non è solo di inattendibilità del teste, ma altresì di contraddizione tra la sua versione e quella esposta in citazione dall'attore quanto alla dinamica dei fatti.

Anche la censura di omesso esame di un fatto emerso in giudizio è inammissibile, prioritariamente perché in violazione dell'art. 348 ter c.p.c. risulta proposta in relazione a doppia conforme senza dimostrazione della diversità delle ragioni inerenti alle questioni di fatto su cui le due decisioni sono fondate; e comunque in quanto innanzitutto denuncia l'omessa considerazione di un documento probatorio (il verbale dei vigili) e non di un fatto; in secondo luogo non riporta esattamente il contenuto dell'atto omesso, che, secondo quanto riportato dal controricorrente, appare diverso; infine, si risolve nella censura di erronea interpretazione del documento probatorio - il verbale - in quanto la Corte di Appello lo ha, sì, esaminato, ed invero ne riferisce il contenuto, ma gli attribuisce significato diverso da quello che il ricorrente vorrebbe.

Allo stesso modo è inammissibile la censura di violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. poiché si limita, a tacere della sua fondatezza, ad affermare in modo puramente assertivo che la Corte di merito non ha utilizzato correttamente gli indizi per ricavare il fatto ignoto.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2300,00, oltre 200,00 di spese generali, da distrarsi a favore del procuratore costituito che ha dichiarato di averle anticipato. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2022.

 

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