Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 35069 del 29 novembre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 35069 del 29/11/2022
Circolazione Stradale - Art. 179 del Codice della Strada - Circolazione tachigrafo digitale alterato - Violazione al conducente ed al titolare della licenza o dell'autorizzazione - La violazione per il titolare della licenza o dell'autorizzazione al trasporto di cose o di persone che mette in circolazione un veicolo con cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante comporta l'applicazione di una sanzione in capo all'impresa stessa che non è punita per una responsabilità oggettiva derivante dal fatto che il proprio conducente circoli con l'apparecchio di controllo non funzionante, ma per una responsabilità propria derivante dal mancato assolvimento di controlli nei confronti del proprio autista.


RITENUTO IN FATTO

1. In data (Omissis) la sezione della Polizia Stradale di Torino contestava al sig. (Soggetto 3), dipendente della (Soggetto 2) Srl (che, al momento della redazione del verbale, si trovava alla guida di un mezzo di proprietà della stessa società), la circolazione con dispositivo tachigrafo digitale alterato. I verbalizzanti rilevavano che il cronotachigrafo era stato manomesso mediante l'utilizzo di una calamita, tendente a falsarne le registrazioni: infatti, nonostante il veicolo fosse in movimento, il Sig. (Soggetto 3), conducente dello stesso, risultava a riposo.

2. La contravvenzione veniva pagata dal sig. (Soggetto 3), nella versione ridotta di Euro 1.698,00 Euro, il giorno dopo l'emissione.

3. A seguito dell'infrazione accertata a carico del conducente, con verbale n. (Omissis) notificato in data 14.04.2017, veniva ingiunto alla (Soggetto 2) Srl di pagare la somma di Euro 831,13 per violazione dell'art. 179 C.d.S., poiché, in qualità di "titolare di licenza al trasporto di cose del veicolo, consentiva che lo stesso circolasse alterato/manomesso in quanto veniva rilevata una calamita nei pressi del "kitas"; inoltre, a seguito di accertamenti effettuati ex art. 179 bis C.d.S. presso la ditta (Soggetto 4) di (Omissis) veniva riscontrata la mancanza di gabbia e sigillo su connettori posteriori tachigrafo".

4. La (Soggetto 2) Srl proponeva opposizione al verbale dinanzi al Giudice di Pace di Torino. Si costituiva la Prefettura chiedendo il rigetto del ricorso.

5. All'esito del giudizio il Giudice di Pace di Torino, con sentenza n. 3163 del 20.09.2017, rigettava il ricorso convalidando il verbale opposto.

6. La (Soggetto 2) Srl proponeva appello avverso tale sentenza dinanzi al Tribunale di Torino, lamentando l'erronea e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione con riferimento all'interpretazione dell'art. 33 del Reg. UE n. 165/2014 e l'erronea interpretazione delle risultanze istruttorie, in relazione all'adempiuto onere di assolvimento dei doveri dell'impresa.

Parte appellante contestava in particolare l'assunto della sentenza impugnata laddove questa aveva ritenuto non sussistere "alcuna esimente della responsabilità dell'impresa quantomeno relativamente alla prima violazione contestata attinente ad una vera e propria manomissione (dolosa) del dispositivo effettuata mediante apposizione di un magnete e non semplicemente ad una corretta gestione dei tempi di percorrenza e di riposo dell'autista". Sosteneva di contro la (Soggetto 2) Srl di avere prodotto tutti i documenti utili a dimostrare la propria diligenza nel formare e controllare il proprio dipendente, essendo state adottate le cautele necessarie affinché non si verificasse un simile avvenimento, tramite la formazione costante dei propri autisti e la successiva contestazione dell'infrazione al sig. (Soggetto 3), non potendole dunque essere mosso alcun rimprovero.

7. In tale giudizio parte appellata rimaneva contumace.

8. Con sentenza n. 1537/2019 il Tribunale di Torino rigettava l'appello, confermando la decisione di primo grado.

Il giudice del gravame, rilevato preliminarmente che la manomissione del tachigrafo digitale non era contestata:

- condivideva la motivazione del primo giudice circa il fatto che l'avere provato che nel 2015 e nel 2017 il dipendente (Soggetto 3) avesse frequentato due corsi sulla sicurezza stradale e sul buon funzionamento dei tachigrafi non potesse essere sufficiente ad integrare valida esimente idonea ad escludere la responsabilità dell'impresa per la violazione ad essa contestata, in particolare alla luce del fatto che nel caso de quo era stata accertata una manomissione dolosa del dispositivo e non una scorretta gestione dei tempi di percorrenza e di riposo dell'autista;

- riteneva che, posto che all'emanazione dell'art. 33.3 del Regolamento UE n. 165/2014 non è seguita una specifica applicazione con fonte normativa in Italia, non può ritenersi che l'aver fatto frequentare al dipendente i corsi di formazione, attestati dagli atti prodotti, potesse valere ad escludere la violazione dell'art. 179 C.d.S., comma 3, neppure sulla scorta della circolare Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture del 13.02.2017 richiamata dall'appellante.

9. Avverso tale sentenza (Soggetto 2) Srl propone ricorso in Cassazione, articolato in due motivi. La Prefettura di Torino è rimasta intimata.

8. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio ex art. 345 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. - Preliminarmente deve darsi atto che il ricorso è stato notificato alla Prefettura - UTG di Torino presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, anziché presso l'Avvocatura Generale dello Stato, con conseguente nullità della notifica (Cass., SS.UU. n. 608/2015; n. 19826/2018; n. 6924/2020).

Il Collegio ritiene tuttavia di soprassedere all'ordine di rinnovazione della notifica ex art. 291 c.p.c., in considerazione dell'infondatezza del ricorso stesso (come si dirà subito) e del principio, più volte ribadito da questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. nn. 12515/2018 e 5975/2020), secondo il quale il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in uno sterile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo. Da ciò consegue che, in caso di ricorso per cassazione "prima facie" infondato, appare inutilmente dispendioso, "pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti".

2. - Ciò precisato, possono essere esaminati i motivi di ricorso.

3. - Il primo motivo è così rubricato: "Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 3: art. 33.3 del Reg (UE) n. 165 del 2014".

Il ricorrente lamenta che il giudice di appello avrebbe male interpretato la norma sopra richiamata. Benché il legislatore italiano non abbia provveduto a subordinare tale responsabilità all'inosservanza di specifiche condotte, come consentito dall'ultimo inciso contenuto nella norma denunciata violata, deduce il ricorrente che il giudice di seconde cure avrebbe ignorato la circolare prot. 2720 R.U. del 13.02.2017, con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha escluso la possibilità di ravvisare una responsabilità oggettiva in capo alle imprese che dimostrino di aver adempiuto alle prescrizioni normative che regolano la materia. La circolare in questione afferma espressamente: "è ragionevole ritenere che il principio di responsabilità non possa applicarsi alle imprese che possano dimostrare di avere esattamente adempiuto a tutte le prescrizioni dei citati regolamenti CE n. 561/2006 e EU n. 165/2006 e ciò anche sulla base di quanto disposto dall'art. 10, comma 3 del predetto regolamento CE n. 561/2006 seconda alinea, che stabilisce che gli Stati membri possono tenere conto di ogni prova atta a dimostrare che l'impresa di trasporto non può essere ragionevolmente considerata responsabile dell'infrazione commessa".

Nel caso di specie il Tribunale di Torino non avrebbe ritenuto i documenti forniti dal ricorrente idonei ad escludere la violazione dell'art. 179 C.d.S., comma 3: la difficoltà di fornire tale prova induce l'istante a ritenere che i giudici di merito abbiano individuato, nel caso specifico, in capo alla (Soggetto 2) Srl, quella responsabilità oggettiva che la circolare su citata mira ad escludere. In altri termini, secondo il ricorrente il citato art. 33 del regolamento Europeo, nonostante la circolare applicativa, sarebbe stato interpretato e applicato come attributivo di una responsabilità oggettiva in capo alle imprese.

4. - Il secondo motivo contesta l'errata ricognizione, nella sentenza impugnata, della fattispecie astratta disciplinata dalla stessa norma - l'art. 33 comma 3 Reg. (UE) n. 165 del 2014 - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riproponendo le medesime considerazioni del primo motivo, ma ravvisando questa volta nella sentenza impugnata un vizio di motivazione.

5. - I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi, sono infondati e anche mal posti.

Con il primo, dietro la censura di violazione di legge - che sussiste quando si deduce un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge (ex plurimus Cass. n. 24155/2017; n. 640/2019) - si sottopone in realtà alla Corte una sostanziale, diversa considerazione delle risultanze istruttorie (la documentazione prodotta), già vagliate dal giudice di primo e da quello di secondo grado, non consentita in questa sede perché inerente ad una tipica valutazione del giudice di merito (ad es., Cass. n. 21187 del 2019; n. 12487 del 2015; Cass. n. 2451 del 2011).

Il secondo motivo, sostanzialmente ripetitivo del primo, ravvisa una violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che incontra nella specie il limite dell'art. 348 ter c.p.c., comma 4 (considerata la presenza della c.d. doppia conforme e non avendo il ricorrente specificato, per sottrarsi a tale preclusione, che le sentenze di primo e di secondo grado, pur decidendo conformemente, rispondano ad argomentazioni in sostanza diverse) (Cass. n. 8320 del 2022; n. 20994 del 2019; n. 26744 del 2016).

Comunque, a volere considerare la denuncia del ricorrente come prospettazione di un vero e proprio error in iudicando, si possono formulare al riguardo le seguenti considerazioni.

L'art. 33.3 Reg. UE n. 165/2014 prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva dell'impresa per il fatto dei dipendenti, riservando la possibilità di mitigare il rigore di questa responsabilità agli Stati membri. La norma ha inciso sulla previsione originaria dell'art. 179 C.d.S., comma 3, la quale (come affermato da questa Corte in propri precedenti, anteriori alla emanazione del Reg. UE: Cass. nn. 26345/20 e 12244/03) fonda la responsabilità del titolare della licenza o dell'autorizzazione al trasporto di cose sui seguenti requisiti: se il veicolo ha iniziato la circolazione già con il tachigrafo non funzionante, perché il titolare dell'autorizzazione deve vigilare che il veicolo sia messo in circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge ovvero se il fatto che ha reso non funzionante il cronotachigrafo si è verificato nel corso della circolazione, se tale fatto successivo sia in qualche modo rimproverabile al titolare.

In assenza dell'intervento legislativo consentito dall'art. 33.3 del Reg. UE agli Stati membri, l'autorità ministeriale, a mezzo di determine dirigenziali e di circolari, ha meglio chiarito la portata applicativa della disposizione, sia con la circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti invocata dal ricorrente, sia anche con la nota prot. 300/A/2438/17/111/20/3 del 24.3.2017, con la quale il Ministero dell'Interno ha previsto che nel caso di infrazioni lievi in materia di tempi di guida e di riposo da parte degli autisti, lo stesso organo di polizia stradale possa ritenere l'impresa non responsabile ex art. 174 C.d.S., comma 14 (e già in precedenza il D.Dirig. 12 dicembre 2016, ha regolamentato i corsi di formazione per l'utilizzo del tachigrafo da parte degli autisti).

E tuttavia, nel caso di specie il Tribunale di Torino non ha ritenuto sussistente nella specie una responsabilità oggettiva, che non ammette, in quanto tale, alcuna prova liberatoria, ma sul diverso presupposto di una responsabilità per fatto proprio ha ritenuto insufficienti le prove offerte dalla (Soggetto 2) Srl a sostenere la tesi che il tachigrafo fosse stato dolosamente manomesso dal (Soggetto 3) dopo la messa in circolazione del veicolo. In tale direzione non potevano deporre la mancata verifica, al momento della messa in circolazione, del funzionamento del tachigrafo, l'impossibilità di ricostruire il momento della sua manomissione (se prima dell'inizio del trasporto o durante lo stesso), il mancato svolgimento di periodici controlli (essendo stato considerata insufficiente la produzione di un rapporto tecnico del 1.09.2016), la prova del funzionamento del tachigrafo in data 19.04.2017 attestata da ditta specializzata, dunque in epoca successiva alla elevazione del verbale. Ne’, continua la sentenza, l'avere fatto svolgere al proprio dipendente i corsi di formazione di cui agli attestati prodotti (ossia un corso della durata di quattro ore sulla sicurezza stradale nel 2015 e un corso sul buon funzionamento dei tachigrafi nel 2017) possono risultare idonei a dimostrare che nessuna responsabilità del ricorrente sussista nella specie.

Si può aggiungere che all'autista - come si legge nella decisione di appello - già erano state contestate dalla (Soggetto 2) Srl "numerose infrazioni per pause o riposo giornaliero insufficienti" nel 2015, 2016 e 2017, per cui lo svolgimento di tali controlli avrebbe dovuto essere, nei confronti dei mezzi a lui affidati per il trasporto, ancora più attento e rigoroso.

La circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sopra ricordata chiarisce poi, come precisato dal giudice di seconda istanza, che il mancato assolvimento degli oneri di formazione, informazione e controllo dei conducenti di cui all'art. 33 del reg. Ue n. 165/2014 comporta l'applicazione di sanzioni in capo alle imprese stesse, le quali non sono punite per una responsabilità oggettiva derivante dal fatto dei propri conducenti, ma per una responsabilità propria derivante dal mancato assolvimento di tali oneri.

Erra dunque il ricorrente quando imputa alla sentenza impugnata di avere ignorato il contenuto di questo provvedimento, il quale è stato, al contrario, correttamente applicato.

La motivazione della sentenza del giudice a quo appare dunque logicamente svolta e giuridicamente corretta.

5. - In conclusione, il ricorso va respinto. Non vi è ragione di statuire sulle spese, non avendo la Prefettura di Torino svolto difese.

6.- Visto l'esito del ricorso, si può dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2022.

 

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