Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 32429 del 3 novembre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 32429 del 03/11/2022
Circolazione Stradale - Artt. 201, 204 e 205 del Codice della Strada - Notificazione delle violazioni - Provvedimenti del prefetto - Violazione rilevata a distanza - Formazione di un originale cartaceo e sottoscrizione autografa dell'accertatore - In relazione alla redazione degli atti amministrativi in versione informatica estensibile all'ingiunzione di pagamento, nell'ipotesi di violazione prevista dal vigente C.d.S. rilevata a distanza, o in forma differita, il verbale di accertamento redatto con sistemi meccanizzati per fini di notifica non richiede la sottoscrizione autografa dell'accertatore, potendo essere sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del responsabile dell'atto, senza che occorra la formazione di un originale cartaceo firmato a mano e destinato a rimanere agli atti dell'ufficio.


RITENUTO IN FATTO

1. Con rituale ricorso (Soggetto 1) proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Milano, avverso l'ingiunzione di pagamento n. (Omissis) emessa dal Comune di Milano in data 5 novembre 2015, sul presupposto che le sanzioni dalla stessa previste gli erano state addebitate illegittimamente con riguardo al rilevato ingresso in area C con il proprio veicolo, senza tener conto della regolamentazione di detta area nei confronti dei soggetti ivi residenti, oltre ad eccepire la nullità della notificazione della stessa ingiunzione per difetto dei requisiti essenziali dell'atto, anche in virtù della mancanza della sottoscrizione autografa del funzionario responsabile.

Nella costituzione del Comune di Milano, l'adito Tribunale, con sentenza n. 1619/2018, dichiarava l'inammissibilità del ricorso, rilevando che il (Soggetto 1) aveva allegato in giudizio un'ingiunzione diversa da quella oggetto della domanda giudiziale.

2. Decidendo sull'appello proposto dal ricorrente, cui resisteva l'appellato Comune di Milano, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 5066/2018 (pubblicata il 21 novembre 2018), lo rigettava, confermando l'ingiunzione di pagamento impugnata e condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado.

A fondamento dell'adottata pronuncia, la Corte milanese rilevava, preliminarmente, l'erroneità dell'impugnata pronuncia nella parte in cui aveva ritenuto che il ricorrente aveva allegato al ricorso un'ingiunzione non coincidente con quella impugnata, invece idoneamente indicata e prodotta in causa.

Passando all'esame del merito del gravame, il giudice di appello ne ravvisava l'infondatezza, ponendo in rilievo, innanzitutto, che l'ingiunzione, redatta in versione informatica, recava l'indicazione a mezzo stampa del nominativo del funzionario responsabile (conformemente al disposto del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3) e, poi, che l'impugnato documento informatico era stato ritualmente prodotto in giudizio (ed accluso al relativo fascicolo di parte) dal Comune di Milano.

3. Avverso la citata sentenza di appello ha formulato ricorso per cassazione, riferito a due motivi, il (Soggetto 1).

Ha resistito con controricorso il Comune di Milano.

Il difensore del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, e la mancata applicazione del D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 40 e 23, (nel testo vigente alla data del 5 novembre 2015), sul presupposto che, essendo tenuta la P.A. a formare il documento in modo digitale, non può notificare - come aveva fatto il Comune di Milano nella fattispecie - all'utente sanzionato copia analogica (cartacea) dello stesso e sostituire la firma autografa con l'indicazione e mezzo stampa del funzionario responsabile.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto - con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, comma 1, lett. p) e p bis), in relazione al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 40, per aver la Corte di appello erroneamente qualificato, nell'impugnata sentenza, come "documento informatico" la copia notificata dell'ingiunzione oggetto di opposizione.

3. Osserva, in via pregiudiziale, il collegio che deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità - formulata con riguardo al primo motivo - dal Comune controricorrente, poiché la Corte di appello, riformando sul punto la decisione di primo grado, ha ritenuto che, indipendentemente dalla inesatta indicazione nell'atto di opposizione dell'ingiunzione impugnata, le ragioni, con lo stesso fatte valere, erano state invero riferite all'ingiunzione debitamente prodotta dallo stesso Comune opposto, sulla quale si era venuto a svolgere legittimamente il contraddittorio.

4. Ciò premesso, il collegio rileva che le due censure sono esaminabili congiuntamente perché connesse, attenendo alla medesima questione giuridica sotto due distinti profili.

L'impostazione complessiva dello sviluppo argomentativo logico-giuridico adottata con il formulato ricorso poggia su un presupposto erroneo di fondo consistente nella confusione della normativa speciale contenuta nel D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, (in concreto applicabile alla materia oggetto di causa) con la disciplina normativa dettata dal c.d. Codice dell'amministrazione digitale sulle copie analogiche di documenti informatici, di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23.

A tal proposito è solo il caso di rilevare, in linea preliminare, che il ricorrente non riporta specificamente il contenuto dell'atto di appello in cui avrebbe posto la questione riguardante l'applicabilità della normativa relativa al citato D.Lgs. n. 82 del 2005, risultando, dall'impugnata sentenza, che la doglianza avanzata con il gravame verteva solo sulla erronea applicazione del D.Lgs. n. 39 del 1993, citato art. 3, ma con riferimento alla sola questione che, nel caso di specie, non erano stati osservati i requisiti da detta norma imposti.

In ogni caso, con riferimento alla formazione dell'ingiunzione opposta, va evidenziato che la costante giurisprudenza di questa Corte ha statuito - proprio in relazione alla redazione degli atti amministrativi in versione informatica - che nell'ipotesi di violazione prevista dal C.d.S. 1992 rilevata a distanza (o in forma differita), il verbale di accertamento redatto con sistemi meccanizzati per fini di notifica non richiede la sottoscrizione autografa dell'accertatore, potendo essere sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del responsabile dell'atto, senza che occorra la formazione di un originale cartaceo firmato a mano e destinato a rimanere agli atti dell'ufficio.

La Corte di appello - sulla base della corretta applicazione di tale disciplina - ha, per l'appunto, accertato che tale modalità era stato ritualmente osservata ed adempiuta con riferimento all'ingiunzione opposta, risultando, perciò, conforme al D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, comma 2.

E' stato, poi, da questa Corte chiarito (quanto al profilo involto dal secondo motivo) che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, ove il verbale di contestazione sia redatto con sistema meccanizzato o di elaborazione dati, la sua notifica al trasgressore avviene, D.P.R. n. 495 del 1992, ex art. 385, comma 3, mediante modulo prestampato recante unicamente l'intestazione dell'ufficio o comando dell'organo accertatore, che è parificato ex lege al secondo originale o alla copia autentica del verbale medesimo, con conseguente irrilevanza della mancata attestazione di conformità dell'atto notificato al documento informatico (cfr. Cass. n. 20117/2006 e Cass. n. 24999/2016). Si è, altresì, precisato che nel caso di infrazione stradale rilevata a distanza, oltre al dato che il verbale di accertamento redatto con sistemi meccanizzati per fini di notifica non richiede la sottoscrizione autografa dell'accertatore, che può essere sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del responsabile dell'atto, non occorre neanche la formazione di un originale cartaceo firmato a mano e destinato a rimanere agli atti dell'ufficio (v. Cass. n. 9815/2015).

Questo generale principio è estensibile all'ingiunzione di pagamento che, come nel caso in questione, essendo stata preceduta dall'emissione e notificazione dei verbali di contestazione (divenuti titoli esecutivi), assume la valenza di mero atto riproduttivo, destinato a dispiegare efficacia solo sul piano della riscossione della pretesa creditoria. Tale conclusione è avvalorata dall'univoco orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in base al quale, in materia di formazione degli atti amministrativi informatici, le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, sono applicabili a tutti i provvedimenti nei quali sia configurabile una formazione con tecniche informatiche automatizzate, ossia quando il tenore del provvedimento dipende da precisi presupposti di fatto e non sussistono le condizioni per l'esercizio di un potere discrezionale, con la conseguenza che - si sottolinea in modo risolutivo - la sostituzione della firma autografa con la mera indicazione del nominativo del responsabile deve ritenersi ammessa tanto per i provvedimenti della fase esattiva, che per quelli inerenti la fase impositiva (cfr., ad es., Cass. n. 12302/2017).

Pertanto, alla stregua delle argomentazioni svolte e della specificità della disciplina in materia applicabile (senza alcuna necessaria correlazione con quella individuata dal D.Lgs. n. 82 del 2005), la sentenza di appello qui impugnata, adeguatamente motivata, risulta conforme a diritto e merita, perciò, di essere condivisa.

5. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a., nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2022.

 

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