Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 2, ordinanza n. 31994 del 28 ottobre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 2, ordinanza numero 31994 del 28/10/2022
Circolazione Stradale - Artt. 40, 41 e 146 del Codice della Strada - Segnali orizzontali e luminosi - Intersezione Stradale semaforizzata - Svolta regolata da luci delle lanterne semaforiche di corsia - Il senso di marcia del conducente va accertato in ragione della corsia di svolta selezionata prima dell'arrivo all'intersezione semaforica e non alla luce della direzione effettivamente intrapresa dopo il superamento della linea di arresto poiché una diversa soluzione, incentrata sulla valorizzazione del proposito del conducente di effettuare la svolta consentita dalla freccia del semaforo, quand'anche si trovi in una corsia diversa rispetto a quella riservata a quella manovra, comporterebbe inevitabili inconvenienti per l'ordinato flusso veicolare nell'area dell'incrocio.


RITENUTO IN FATTO

(Soggetto 1) proponeva distinte opposizioni innanzi al Giudice di Pace di Ivrea avverso due ordinanze del Prefetto della Provincia di Torino, emesse sulla base di altrettanti verbali di accertamento della Polizia Municipale del Comune di (Omissis), con cui si contestava al ricorrente di aver superato la linea di arresto ad un'intersezione semaforica nonostante la lanterna proiettasse luce rossa. I due giudizi venivano riuniti e la Prefettura si costituiva depositando documenti, facendosi rappresentare dal Comune di (Omissis), che presenziava in udienza tramite proprio dipendente. All'esito del primo grado, il Giudice di Pace rigettava l'opposizione.

Sul gravame dello (Soggetto 1), cui resisteva la Prefettura di Torino, il Tribunale di Ivrea (dinanzi al quale il giudizio veniva riassunto a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Torino), con sentenza n. 65/2021 confermava la sentenza di primo grado.

Per la cassazione di detta decisione propone ricorso (Soggetto 1), affidandosi a cinque motivi.

La Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Torino non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell'adunanza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c.: "PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C. INAMMISSIBILITA' del ricorso.

(Soggetto 1) proponeva distinte opposizioni innanzi al Giudice di Pace di Ivrea avverso due ordinanze del Prefetto della Provincia di Torino, emesse sulla base di altrettanti verbali di accertamento della Polizia Municipale del Comune di (Omissis), con cui si contestava al ricorrente di aver superato la linea di arresto ad un'intersezione semaforica nonostante la lanterna proiettasse luce rossa. Nei due giudizi riuniti, la Prefettura si costituiva depositando documenti, e si faceva nel prosieguo rappresentare dal Comune di (Omissis), che presenziava in udienza tramite proprio dipendente.

Istruita la causa sulle produzioni documentali delle parti, il Giudice di Pace rigettava l'opposizione.

Sul gravame dello (Soggetto 1), cui resisteva la Prefettura di Torino, il Tribunale di Ivrea (dinanzi al quale il giudizio veniva riassunto a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Torino), con sentenza n. 65/2021 confermava la sentenza di primo grado.

Per la cassazione di detta decisione propone ricorso (Soggetto 1), affidandosi a cinque motivi.

La Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Torino, seppur ritualmente intimata, non ha svolto difese.

Con il primo motivo, il ricorrente si duole della mancata declaratoria di nullità della sentenza del Giudice di Pace, emessa nei confronti del Comune di (Omissis) anziché della Prefettura di Torino.

Con il secondo motivo, lo (Soggetto 1) denuncia la nullità dell'intera attività processuale svolta in primo grado dall'agente di Polizia Municipale del Comune di (Omissis), comparso in udienza per l'opposta; afferma che la Prefettura si era costituita in proprio, sicché, in assenza di delega al Comune a rappresentarla in giudizio, il sindaco non avrebbe potuto a sua volta delegare un dipendente del Comune, peraltro privo della prescritta qualifica di funzionario.

Le censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Il Tribunale ha osservato che l'indicazione nella pronuncia di primo grado del Comune di (Omissis) quale parte resistente, in luogo della Prefettura, fosse frutto di un mero errore materiale che non aveva leso il principio del contraddittorio, nè aveva inciso sulla statuizione giudiziale, venendo l'oggetto del giudizio chiaramente individuato tramite il riferimento alle due ordinanze prefettizie impugnate. Il ricorrente si è limitato a sostenere genericamente che l'omessa menzione della Prefettura nel testo dell'atto avrebbe reso nulla la sentenza, senza tuttavia specificamente confrontarsi con le argomentazioni poste dal Tribunale a fondamento della propria decisione, e senza peraltro indicare quale pregiudizio gli sarebbe derivato dalla dedotta omissione.

Quanto all'attività defensionale svolta in primo grado dal dipendente comunale, dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata risulta che l'agente di polizia Municipale dal Comune di (Omissis) è comparso in udienza per la Prefettura in forza di delega esibita e prodotta agli atti, in ossequio a quanto disposto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 9; non risulta viceversa che il ricorrente abbia proposto specifici motivi di gravame relativi alla dedotta carenza o irregolarità della delega, ovvero relativi alla qualifica professionale dell'agente, posto che le censure articolate in secondo grado dallo (Soggetto 1) erano relative alla dedotta irregolarità della costituzione della Prefettura e alla tardività delle relative produzioni documentali; ne consegue l'inammissibilità della censura. Peraltro, considerato che il giudice di seconde cure ha accertato la rituale costituzione della Prefettura, corredata dalla tempestiva produzione dei documenti posti dal primo giudice a base della decisione (statuizione, questa, non attinta da alcuna censura nella presente sede), il ricorrente non indica quale pregiudizio in concreto sarebbe derivato al suo diritto di difesa dalla successiva attività processuale espletata dal dipendente comunale, di cui assume la nullità, sicché la censura risulta comunque viziata da difetto di specificità. Infatti, "La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui si lamentava l'omissione - nel provvedimento di fissazione dell'udienza nel c.d. rito societario - dell'invito alle parti a depositare memorie conclusionali almeno cinque giorni prima, ai sensi del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 12, comma 3, atteso che per tale mancanza non era prevista la sanzione di nullità e che gli atti difensivi erano stati tempestivamente depositati, restando così esclusa ogni lesione del diritto di difesa)" (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26419 del 20/11/2020, Rv. 659858; in senso conforme, cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23638 del 21/11/2016, Rv. 642799).

Con il terzo motivo, il ricorrente censura l'erroneo accertamento dell'attraversamento dell'incrocio da parte del conducente mentre il semaforo proiettava luce rossa per il suo senso di marcia (individuato nella svolta a sinistra), laddove egli, seppur incanalato nella corsia di sinistra, non aveva poi svoltato, ma aveva proseguito diritto, seguendo una direzione di marcia per la quale il semaforo proiettava luce verde.

Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato la corsia nella quale egli si era incanalato come corsia direzionale riservata alla svolta a sinistra, poiché dalle fotografie in atti sarebbe emersa l'inidoneità della segnaletica orizzontale presente presso l'intersezione per poter procedere a tale qualificazione, mentre quella verticale sarebbe stata del tutto mancante.

Le censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che il senso di marcia del conducente andasse accertato non ex post, alla luce della direzione effettivamente intrapresa dopo il superamento della linea di arresto, ma in ragione della corsia selezionata prima dell'arrivo all'intersezione semaforica, in conformità con l'orientamento di questa Corte, secondo cui "una diversa soluzione, incentrata sulla valorizzazione del proposito del conducente di effettuare la svolta consentita dalla freccia del semaforo quand'anche si trovi in una corsia diversa rispetto a quella riservata a quella manovra comporterebbe inevitabili inconvenienti per l'ordinato flusso veicolare nell'area dell'incrocio" (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8412 del 27/04/2016; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9276 del 16/04/2018, non massimate).

Quanto alla segnaletica stradale, il Tribunale, oltre ad aver affermato che il ricorrente non avesse dato alcuna prova, tramite la dimostrazione di circostanze concrete, della relativa inadeguatezza o insufficienza, ha anche rilevato che dal filmato della violazione e dalle fotografie allegate agli atti, la regolamentazione del flusso veicolare all'altezza dell'impianto semaforico apparisse non solo conforme alle disposizioni positive, ma "soprattutto pienamente percepibile da tutti gli utenti della strada" (così a pag. 11 di sentenza).

Dunque, il giudice di merito, con un tipico apprezzamento in fatto, ha accertato sia l'adeguatezza della segnaletica stradale a rendere gli utenti edotti del comportamento da tenere, sia il superamento della linea di arresto da parte del conducente mentre il semaforo proiettava luce rossa per il suo senso di marcia (individuato nella svolta a sinistra, perché questa era la corsia nella quale egli si era incanalato).

Le censure articolate nel ricorso si risolvono pertanto in una contestazione dell'accertamento in fatto del Tribunale, e propongono una lettura alternativa del materiale probatorio, senza confrontarsi con il principio secondo cui il motivo di ricorso in cassazione non può risolversi in una istanza di revisione del giudizio di fatto operato dal giudice di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790), ne' nella proposta di una rilettura delle risultanze istruttorie, la valutazione della cui rilevanza ed il cui apprezzamento sono riservati al giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

Con il quinto motivo, il ricorrente si duole del mancato annullamento delle ordinanze prefettizie impugnate, nonostante il Tribunale avesse ritenuto la documentazione prodotta dall'opposta inidonea a dimostrare l'esistenza di un valido provvedimento amministrativo atto a regolamentare il traffico nell'area oggetto di giudizio.

La censura è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il Tribunale ha affermato che l'eventuale illegittimità dei provvedimenti amministrativi di regolamentazione del traffico veicolare nell'area in questione non avrebbe potuto costituire per se' motivo legittimante l'infrazione; ciò a tutela della sicurezza della circolazione stradale, posto che la disciplina imposta dall'impianto semaforico, oltre a risultare conforme alle disposizioni positive, appariva pienamente percepibile da parte di tutti gli utenti della strada, ed era tale dunque da ingenerare affidamento circa il generalizzato rispetto delle relative prescrizioni.

Il ricorrente non si è confrontato con tali argomentazioni, essendosi limitato a sostenere che l'illegittimità del provvedimento amministrativo avrebbe dovuto necessariamente condurre all'accoglimento dell'opposizione.

Invero, il Tribunale risulta aver fatto corretta applicazione del principio di diritto, costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "la segnaletica stradale contenente divieti ed obblighi inerenti alla circolazione dei veicoli deve ritenersi comunque obbligatoria per tutti gli utenti della strada - anche a prescindere dalla legittimità del provvedimento impositivo - in ragione di una regola di normale prudenza, atteso che ciascuno è autorizzato ad improntare il proprio comportamento alla guida nel convincimento del rispetto da parte degli altri dei segnali esistenti, sia pure con l'obbligo di mantenersi in grado di fronteggiare i pericoli generati dalle possibili violazioni altrui. Non sembra invero ammissibile che un automobilista possa infrangere la prescrizione segnalata (si pensi all'obbligo di dare precedenza, o di arrestarsi al segnale di "stop") solo in ragione di una reale o supposta illegittimità del provvedimento che ha disposto la collocazione del segnale" (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8660 del 13/04/2006, Rv. 588339, in parte motiva; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3939 del 29/02/2016, Rv. 638976, in parte motiva)':

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

La memoria depositata dal ricorrente in prossimità dell'adunanza camerale non offre elementi nuovi, essendo meramente riproduttiva dei motivi di ricorso.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 14 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2022.

 

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