Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 31845 del 27 ottobre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 31845 del 27/10/2022
Circolazione Stradale - Artt. 203 e 204 del Codice della Strada - Ricorso al prefetto - Presentazione a mezzo servizio postale - Avviso di ricevimento - Presunzione di conoscenza - Produzione in sede di giudizio - Il ricorso al prefetto per l'opposizione alle sanzioni derivanti da infrazioni al codice della strada se presentato a mezzo del servizio postale, va obbligatoriamente inviato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento e, laddove il mittente non produca in giudizio l'avviso di ricevimento e di cui sia contestata la consegna, almeno laddove tale mancata produzione non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., solo sulla base della prova dell'invio della raccomandata.


RITENUTO IN FATTO

(Soggetto 1) ha proposto opposizione avverso due cartelle di pagamento che le sono state notificate dal locale agente della riscossione (Equitalia Sud Spa, cui è successivamente subentrata l'Agenzia delle Entrate - Riscossione), in virtù di crediti iscritti a ruolo dai Comuni di Milano e di Cesano Boscone per sanzioni derivanti da infrazioni al codice della strada.

L'opposizione è stata rigettata dal Giudice di Pace di Milano.

Il Tribunale di Milano ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre la (Soggetto 1), sulla base di due motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli enti intimati.

E' stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c., rinviata alla data odierna per consentire la rinnovazione della notificazione del ricorso all'Agenzia delle Entrate - Riscossione; la rinnovazione è stata effettuata da parte ricorrente in data 27 maggio 2022 (entro il termine perentorio all'uopo assegnato, che scadeva in data 12 giugno 2022; l'atto notificato è stato altresì tempestivamente depositato in Cancelleria, ai sensi dell'art. 371 bis c.p.c., in data 16 giugno 2022).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia "Violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 e 1335 c.c., artt. 83 e 320 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 - Illogicità e contraddittorietà della decisione impugnata rispetto a principi già costantemente espressi da Codesto Supremo Collegio".

La ricorrente contesta la decisione impugnata nella parte in cui, con la stessa, il tribunale (con riguardo alle sole sanzioni irrogate dal Comune di Cesano Boscone) ha escluso la dedotta estinzione del credito per la sanzione irrogata in virtù della mancata decisione del prefetto sul suo ricorso amministrativo nei termini previsti dall'art. 204 C.d.S., avendo ritenuto non provata la regolare presentazione del suddetto ricorso, a causa della mancata produzione dell'avviso di ricevimento della relativa raccomandata, di cui era stata contestata dal comune la ricezione.

1.1 Con il motivo di ricorso in esame sono formulate, in primo luogo, censure di carattere processuale.

Sostiene, infatti, la ricorrente che la contestazione della avvenuta ricezione del ricorso al prefetto, da parte del Comune di Cesano Boscone, non sarebbe avvenuta in modo rituale, in quanto contenuta "nell'ambito di una nota di accompagnamento al tardivo deposito di documentazione da parte di un funzionario delegato privo di nomina e/o delega".

Si deduce, in altri termini, che il comune non si sarebbe regolarmente costituito nel giudizio di primo grado davanti al giudice di pace (in quanto la sua costituzione sarebbe avvenuta senza assistenza di legale, per mezzo di un funzionario che non avrebbe documentato i propri poteri e, comunque, tardivamente): di conseguenza, le contestazioni avanzate dallo stesso non avrebbero potuto essere prese in considerazione.

Si afferma, altresì, che la contestazione della mancata ricezione del ricorso al prefetto non sarebbe avvenuta in modo sufficientemente specifico, in quanto il funzionario delegato si sarebbe limitato ad affermare che non "risultava presentato alcun ricorso" ma non avrebbe espressamente affermato che "non risulta pervenuto o ricevuto" il ricorso al prefetto, di cui era stato documentato l'invio a mezzo del servizio postale con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

E' richiamato, in proposito, il doc. C, pag. 1, rigo 8, del fascicolo di parte appellante (si tratta della copia dell'atto di costituzione del Comune di Cesano Boscone in primo grado, avvenuta a mezzo di funzionario delegato).

1.1.1 Orbene, si premette che nella sentenza impugnata si afferma espressamente che il Comune di Cesano Boscone si era costituito nel procedimento davanti al giudice di pace, contestando il "ricevimento di qualsiasi ricorso da parte della opponente".

La ricorrente non specifica, in verità, nel ricorso, se, in quale atto ed in quali esatti termini aveva contestato la regolarità della costituzione in giudizio del comune, nel corso del giudizio di primo grado, in violazione dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In ogni caso, anche a prescindere da ciò, è assorbente sul punto la considerazione che la censura relativa alla regolarità della costituzione dell'ente creditore della sanzione amministrativa a mezzo di funzionario delegato, per difetto di procura ai sensi dell'art. 83 c.p.c. o, comunque, per difetto di prova dei relativi poteri, è infondata in diritto, sulla base dei principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali "in materia di difesa delle pubbliche amministrazioni in giudizio, al funzionario delegato non sono applicabili la disciplina della procura al difensore e i relativi principi, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini della regolarità della costituzione del delegato, la mera dichiarazione di agire in tale sua qualità, senza necessità di documentarla con atti di delega o di mandato, e non assumendo rilevanza la diversità del funzionario che assume detta difesa rispetto a quello che abbia sottoscritto il ricorso; ciò perché l'investitura dei pubblici funzionari nei poteri che dichiarano di esercitare nel compimento di atti inerenti al loro ufficio si presume, costituendo un aspetto della presunzione di legittimità degli atti amministrativi" (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10867 del 07/05/2018, Rv. 648500 - 01; conf.: Sez. 6 - L, Ordinanza n. 19027 del 16/09/2011, Rv. 618845 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 9842 del 24/04/2010, Rv. 612614 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 4872 del 01/03/2007, Rv. 595084 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 7065 del 14/04/2004, Rv. 572048 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 9710 del 17/07/2001, Rv. 548268 - 01).

1.1.2 Neanche le censure relative all'irregolarità della costituzione dell'ente comunale, in quanto avvenuta tardivamente (avvenuta dopo la sua dichiarazione di contumacia e la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, a dire di parte ricorrente) possono trovare accoglimento.

E' di certo infondato in diritto l'assunto per cui si tratterebbe di una costituzione del tutto inefficace, perché tardiva: la costituzione della parte che è stata dichiarata contumace può, infatti, avvenire in qualsiasi momento del procedimento, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni (art. 293 c.p.c.). L'ulteriore censura con la quale si afferma che le contestazioni formulate dal comune in sede di costituzione (che si assume tardiva) sarebbero da ritenere inammissibili in quanto svolte dopo il maturarsi delle preclusioni processuali, difetta invece di specificità, in violazione dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dal momento che, a sostegno della stessa, viene richiamato nel ricorso esclusivamente il documento C del fascicolo di appello (si tratta dell'atto di costituzione del Comune di Cesano Boscone in primo grado, a mezzo di funzionario delegato, come già rilevato): da tale documento emerge, in effetti, che la comparsa di costituzione e risposta del Comune di Cesano Boscone era stata depositata in Cancelleria in data 12 dicembre 2014; non viene però richiamato nel ricorso, in modo adeguatamente puntuale e preciso, il contenuto degli atti processuali (in particolare, quello dei verbali di udienza) dai quali dovrebbe desumersi che tale costituzione sarebbe avvenuta dopo la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni.

In proposito è, comunque, opportuno ribadire che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento davanti al giudice di pace la contestazione delle pretese avversarie e dei fatti nonché delle prove allegati a sostegno delle medesime, può essere svolta dal convenuto anche nel caso in cui lo stesso sia rimasto contumace alla prima udienza e si sia costituito solo all'udienza che venga tenuta successivamente alla prima (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7238 del 29/03/2006, Rv. 589550 - Data pubblicazione 27/10/2022 01; Sez. 2, Sentenza n. 11946 del 08/08/2003, Rv. 565767 01).

1.1.3 Infine, l'interpretazione data dal tribunale alla contestazione in concreto formulata dal comune in relazione ai fatti allegati da parte attrice, riferita alla mancata ricezione del ricorso della (Soggetto 1) (l'ente ha testualmente affermato, nella sua comparsa di costituzione: "non risulta presentato nessun ricorso al prefetto"), non è censurabile nella presente sede, spettando al giudice del merito l'interpretazione degli atti processuali; in ogni caso, essa risulta del tutto ragionevole e corretta e, dunque, è condivisa da questa Corte.

Il comune ha, in effetti, espressamente dedotto che non risultava mai "presentato" alcun ricorso al prefetto, espressione che è del tutto adeguata ad esprimere una specifica contestazione in relazione alla circostanza di fatto che il ricorso amministrativo della ricorrente fosse pervenuto nella sfera di conoscenza della prefettura e, dunque, anche che fosse mai stato ricevuto quello da lei inviato per mezzo del servizio postale.

1.2 Una volta chiarito che non possono trovare accoglimento le censure relative alla regolarità della costituzione dell'ente comunale in primo grado e quelle relative alle sue contestazioni riguardanti la mancata ricezione del ricorso che la ricorrente assume di avere inviato alla prefettura a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, va affrontata la questione relativa alla prova della effettiva ricezione della suddetta raccomandata (in mancanza della quale non è possibile, ovviamente, ritenere intervenuta l'estinzione del credito avente ad oggetto la sanzione amministrativa, per la mancata decisione del prefetto sul ricorso nel termine di legge, come correttamente affermato in diritto dal tribunale).

La ricorrente ha documentato esclusivamente l'invio della raccomandata con avviso di ricevimento ma, nonostante le contestazioni del comune, il quale - come ampiamente chiarito - ha negato che il ricorso fosse mai stato ricevuto, non ha prodotto il relativo avviso di ricevimento ne’, come ha espressamente precisato il giudice di secondo grado, ha giustificato in qualche modo tale mancata produzione.

La ricorrente sostiene che avrebbe dovuto essere ritenuta sufficiente la prova dell'invio della raccomandata, richiamando l'indirizzo interpretativo secondo il quale, ai fini dell'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., sarebbe sufficiente al mittente la dimostrazione dell'invio della lettera raccomandata al destinatario, anche senza la produzione del relativo avviso di ricevimento, in quanto l'invio farebbe sorgere una presunzione di avvenuta consegna della stessa (in base al dato di comune esperienza del normale funzionamento del servizio postale): in altri termini, secondo tale indirizzo, al mittente basterebbe documentare di avere inviato la raccomandata, per far sorgere l'onere del destinatario di dimostrare di non averla ricevuta affatto (o di non averne comunque avuto conoscenza), per un disservizio postale o per altra ragione (un siffatto indirizzo è, in effetti, in qualche modo rinvenibile in alcune massime tratte da decisioni di questa stessa Corte; cfr., ad es.: Cass., Sez. 6 - L, Ordinanza n. 511 del 11/01/2019, Rv. 652130 - 01; Sez. L, Sentenza n. 24015 del 12/10/2017, Rv. 646099 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 17204 del 19/08/2016, Rv. 641040 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 13488 del 20/06/2011, Rv. 618337 - 01).

L'indicato indirizzo interpretativo, espresso in termini del tutto generali, può certamente ritenersi applicabile nelle ipotesi in cui una missiva sia inviata a mezzo raccomandata semplice, ovvero nei casi in cui non sia contestata la avvenuta consegna della stessa, ma solo il suo effettivo contenuto o, comunque, l'avvenuta conoscenza di esso da parte del destinatario.

D'altra parte, secondo le opportune precisazioni svolte, nell'ambito di un diverso indirizzo di questa stessa Corte, più puntualmente riferibile alle missive inviate a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la presunzione di cui all'art. 1335 c.c. richiede sempre la dimostrazione che l'atto sia giunto nella sfera di conoscibilità del destinatario e la relativa prova è a carico del mittente, il quale, di conseguenza, non può limitarsi a documentare di avere spedito la raccomandata, ma deve anche provare che la stessa sia stata correttamente recapitata, secondo le norme del servizio postale, producendo quindi l'avviso di ricevimento o quello di compiuta giacenza. Nell'ambito di quest'ultimo indirizzo si trova, del resto, ulteriormente precisato, in varie decisioni, che, nel caso in cui il mittente abbia documentato l'invio di un atto a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento e il destinatario non contesti che la lettera sia stata consegnata presso il suo indirizzo, ma ne contesti il contenuto o l'effettiva conoscenza dello stesso, ciò è sufficiente ai fini dell'operatività della presunzione di cui all'art. 1335 c.c., onde sarà il destinatario a dover dimostrare che l'atto consegnato non avesse il contenuto postulato dal mittente, ovvero che egli non ne abbia potuto avere conoscenza per altre ragioni; al contrario, laddove il destinatario contesti in radice di avere ricevuto la lettera raccomandata, ai fini della presunzione di cui all'art. 1335 c.c., sarà necessario che il mittente dimostri l'avvenuto recapito della stessa secondo le disposizioni che regolano il servizio postale, eventualmente producendo, quindi, l'avviso di ricevimento, se esistente (cfr. Cass., Sez. 6 - L, Ordinanza n. 19232 del 19/07/2018, Rv. 649874 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6725 del 19/03/2018, Rv. 648491 - 01; Sez. L, Sentenza n. 12822 del 21/06/2016, Rv. 640371 - 01; Sez. 1, Ordinanza n. 24703 del 19/10/2017, Rv. 647221 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 9303 del 08/06/2012, Rv. 622825 - 01; Sez. L, Sentenza n. 10849 del 11/05/2006, Rv. 589781 - 01).

Il Collegio, con riguardo ai casi di spedizione postale avvenuta a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, condivide le precisazioni da ultimo illustrate.

In diritto, infatti, i rilievi alla base delle stesse risultano certamente conformi alle disposizioni di cui agli artt. 1335 e 2697 c.c.. Del resto, anche sulla base dei principi di vicinanza e disponibilità delle prove, appare del tutto ragionevole, in caso di contestazione della ricezione di un atto inviato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, onerare il mittente della produzione dello stesso, cioè di un documento nella sua piena disponibilità, mentre sarebbe evidentemente irragionevole onerare il destinatario di una prova negativa (cioè quella di non aver mai ricevuto la raccomandata) che, se anche sul piano dell'astratta logica si potrebbe ritenere possibile fornire, di fatto finirebbe per risolversi in una sorta di probatio diabolica.

La necessità della produzione dell'avviso di ricevimento per la verifica dell'avvenuta consegna della missiva deve poi affermarsi, con ancora maggior certezza, nel caso in cui si discuta di un atto recettizio che, per espressa disposizione di legge, debba essere necessariamente inviato a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

La ragione di una siffatta previsione di legge, cioè l'obbligo imposto in via normativa di utilizzare il servizio di raccomandazione con avviso di ricevimento (e non quello semplice), si giustifica evidentemente proprio per l'esigenza di semplificare le questioni di prova della ricezione dell'atto ed al fine di disporre, anche in giudizio, di una documentazione (semplice e immediata) idonea ad attestare l'esito dell'invio onde poter consentire la verifica dell'operatività della presunzione di cui all'art. 1335 c.c.; non può quindi dubitarsi che, in siffatte ipotesi, in caso di contestazioni, sia onere del mittente produrre la predetta documentazione che è, ovviamente, in suo possesso e, comunque, nella sua piena disponibilità, in quanto a lui viene di regola inviata dal gestore del servizio postale (e, in mancanza, è per lui sempre possibile ottenerne un duplicato).

Di conseguenza, laddove il mittente non produca in giudizio l'avviso di ricevimento relativo ad un atto che, per legge, debba essere obbligatoriamente inviato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento e di cui sia contestata la consegna, almeno laddove tale mancata produzione non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., solo sulla base della prova dell'invio della raccomandata.

Le conclusioni appena illustrate risultano altresì - ad avviso del Collegio - coerenti con l'evoluzione degli indirizzi interpretativi, anche di questa stessa Corte, in relazione ad una diversa materia che presenta peraltro analogie con la problematica qui in esame: quella della prova della notificazione degli atti processuali (e impositivi), per il caso in cui il procedimento di notificazione previsto dalla legge richieda, tra l'altro, ai fini del corretto e regolare perfezionamento della notificazione stessa, l'invio di una comunicazione al destinatario, da effettuarsi a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Anche nei casi in cui il procedimento di notificazione è, per legge, integrato (e completato) con il mero invio della comunicazione in questione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, si è progressivamente affermato il principio di diritto per cui l'esito dello stesso va sempre documentato ai fini della verifica della regolarità della notificazione e - ciò che più rileva ai fini della problematica qui in esame - si è costantemente ritenuto che tale documentazione debba essere sempre fornita dal mittente, esclusivamente mediante la produzione dell'avviso di ricevimento.

In proposito, è quindi opportuno richiamare, a ulteriore sostegno (sia pure indiretto) della soluzione qui accolta, i principi di diritto da ultimo affermati dalle stesse Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui "in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l'atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante - in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata (art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2) della L. n. 890 del 1982, art. 8 - esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell'avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa" (Cass., Sez. U, Sentenza n. 10012 del 15/04/2021, Rv. 660953 - 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza interlocutoria n. 34346 del 15/11/2021, Rv. 662983 - 01; Sez. 5, Ordinanza n. 36562 del 25/11/2021, Rv. 663059 - 01; si tratta di decisioni che si pongono in continuità con le sentenze della Corte Costituzionale n. 346 del 1998, in tema di notifica a mezzo del servizio postale e, soprattutto, n. 3 del 14 gennaio 2010, in relazione al procedimento notificatorio di cui all'art. 140 c.p.c., nonché con i coerenti indirizzi di questa Corte in ordine alla necessità della produzione, da parte del notificante, dell'avviso di ricevimento della "raccomandata informativa": cfr., ad es., Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21132 del 02/10/2009, Rv. 609852 - 01; Sez. 5, Sentenza n. 25985 del 10/12/2014, Rv. 633554 - 01; Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 9782 del 19/04/2018, Rv. 647736 - 01; Sez. 5, Ordinanza n. 4657 del 21/02/2020, Rv. 657348 - 01).

È opportuno sottolineare che quella affrontata nei precedenti appena richiamati costituisce una tematica non coincidente con quella esaminata nella presente sede, che ha ad oggetto l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., non il regolare perfezionamento di un procedimento notificatorio disciplinato dalla legge. Esistono, peraltro, evidenti punti di contatto, almeno per quanto riguarda la sussistenza, in generale, di un onere del mittente di produrre l'avviso di ricevimento al fine di documentare l'esito dell'invio delle raccomandate spedite con questo tipo di servizio postale, come è del resto ragionevole che avvenga, proprio in considerazione della peculiare caratteristica di tale servizio, che si connota per offrire una documentazione sufficientemente certa dell'esito dell'invio della missiva.

In definitiva, vanno ribaditi ed affermati nella presente sede i seguenti principi di diritto:

"in caso di missive inviate a mezzo del servizio postale tramite raccomandata, non può ritenersi necessaria la produzione dell'avviso di ricevimento, ai fini dell'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., sia nel caso in cui non sia contestata l'avvenuta consegna della missiva da parte del servizio postale, sia nel caso in cui l'atto di cui si discute sia stato legittimamente inviato a mezzo di raccomandata semplice, senza avviso di ricevimento;

il mittente deve invece produrre l'avviso di ricevimento, nel caso in cui lo stesso sia disponibile e certamente in tutti i casi in cui si discuta di un atto recettizio che, per espressa disposizione di legge, debba essere necessariamente inviato a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento;

in tali ultimi casi, laddove la mancata produzione dell'avviso di ricevimento da parte del mittente non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., solo in virtù della prova dell'invio della raccomandata, ma dovrà verificare l'esito dell'invio in primo luogo sulla base delle risultanze dell'avviso di ricevimento e, comunque, valutando ogni altro mezzo di prova utile e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto ad esso riservato".

1.3 Applicando tali principi di diritto al caso di specie, deve concludersi per l'infondatezza delle censure formulate dalla ricorrente.

Il ricorso al prefetto per l'opposizione alle sanzioni derivanti da infrazioni al codice della strada, infatti, ai sensi dell'art. 203 C.d.S., commi 1 e 2, se presentato a mezzo del servizio postale, va obbligatoriamente inviato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

La ricorrente ha prodotto solo la prova dell'invio della raccomandata con avviso di ricevimento ma, nonostante le contestazioni del comune, il quale ha espressamente negato fosse mai stato ricevuto il ricorso al prefetto in questione, non ha prodotto l'avviso di ricevimento, ne’ ha giustificato in qualche modo tale mancata produzione.

Il tribunale, premesso che il Comune di Cesano Boscone aveva "contestato il ricevimento di qualsiasi ricorso da parte della opponente", ha affermato che, di conseguenza, non era sufficiente la prova dell'invio della raccomandata ma occorreva la produzione dell'avviso di ricevimento o, quanto meno, occorreva fornire la giustificazione della ragione per cui lo stesso non era stato prodotto, ciò anche sulla base del principio della vicinanza della prova.

In mancanza di ciò, ha ritenuto non sufficientemente provata, in fatto, la regolare proposizione del ricorso.

Dunque, la decisione censurata, per un verso, risulta conforme ai principi di diritto più sopra enunciati e, per altro verso, ha ad oggetto un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo si denunzia "Violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., artt. 2223 e 2697 c.c., del D.M. n. 55 del 2014 in tema di liquidazione delle spese giudiziali in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3. Erronea determinazione delle spese di lite a carico della parte soccombente - Errato richiamo ai parametri di legge, con quantificazione superiore anche ai massimi, in assenza di motivazione".

La ricorrente contesta la liquidazione delle spese del giudizio di appello, a suo carico e in favore di Equitalia Sud Spa e del Comune di Milano, sostenendo che la stessa sarebbe avvenuta in violazione dei parametri tariffari.

Il motivo è fondato.

Il compenso massimo, anche considerando tutte le voci della tariffa, per lo scaglione nella specie pacificamente applicabile (quello inferiore a Euro 1.100,00) ammonta infatti a Euro 1.172,00; sono stati invece liquidati dal tribunale Euro 1.215,00, in favore di ciascun ente appellato, senza alcuna motivazione in proposito. Sussiste quindi la denunciata violazione dei parametri tariffari (per l'affermazione del principio per cui i limiti minimi e massimi delle tariffe sono derogabili esclusivamente sulla base di apposita motivazione, affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, cfr., ex multis: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 14198 del 05/05/2022, Rv. 664685 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021, Rv. 661839 - 03; Sez. 3, Ordinanza n. 89 del 07/01/2021, Rv. 660050 02; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 29606 del 11/12/2017, Rv. 647183 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26608 del 09/11/2017, Rv. 646828 - 01; Sez. 6 - L, Ordinanza n. 2386 del 31/01/2017, Rv. 642544 - 01).

La decisione impugnata va, pertanto, cassata sul punto.

Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di fatto, il punto può essere deciso nel merito.

Ritiene la Corte equo liquidare le spese del giudizio di appello, in favore di ciascuno degli enti sopra indicati, in base ai valori medi di tariffa, quindi per un complessivo importo di Euro 630,00, per competenze, per ciascuno di essi, oltre accessori di legge.

3. Il primo motivo del ricorso è rigettato; è accolto il secondo motivo, la sentenza impugnata è cassata in relazione e, decidendo nel merito, sono liquidate in complessivi Euro 630,00 le spese del giudizio di secondo grado, in favore di ciascuno degli enti costituiti e vittoriosi in quel grado (Equitalia Sud Spa e Comune di Milano).

Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione del solo parziale accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida in complessivi Euro 630,00 le spese del giudizio di secondo grado, in favore di ciascuno degli enti costituiti e vittoriosi in quel grado (Equitalia Sud Spa e Comune di Milano) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 29 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2022.

 

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