Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta, ordinanza n. 2667 del 28 gennaio 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, sentenza numero 2667 del 28/01/2022
Circolazione Stradale - Art. 3, 14, 37 e 38 del Codice della Strada - Incidente stradale per buca - Conducente di velocipede che impegna zona pedonale esterna alla pista ciclabile - Regime giuridico dell'area teatro del sinistro - In via di principio e salvo diversa segnalazione, le zone pedonali non sono tout court interdette al transito dei velocipedi, salva la possibilità per i comuni di introdurre, attraverso apposita segnalazione, ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali.


RILEVATO CHE

 

 1. R. V. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia il Comune di C. M. al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro occorso in data 8 ottobre 2012.

 Espose che, mentre, in sella alla propria biciletta, percorreva una pista ciclabile, a causa del sopraggiungere di un pedone, fu costretto a spostarsi in una zona verde adiacente alla pista ove, imbattutosi in una buca profonda circa 40 centimetri e larga 50 cm per 50 cm., cadde a terra riportando lesioni al volto.

 2. La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza n. 235/2020 del 20 febbraio 2020 ha respinto l'appello proposto dal V. confermando integralmente la sentenza di primo grado.

 In particolare, la Corte territoriale, aderendo alle osservazioni del Tribunale di Brescia, ha ritenuto che l'evento era interamente imputabile alla condotta negligente ed imprudente dell'appellante, consistente nell'aver, dapprima, impegnato uno spazio riservato al solo transito dei pedoni e successivamente invaso un'area verde, posta al di fuori del marciapiede.

 3. Avverso tale decisione R. V. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

 Il Comune di C. M. resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE

 

4.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta "violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. — violazione dell'art. 2051 c.c. — errata interpretazione degli artt. 37 e 38 del C.d.s. e dell'art. 75 del regolamento attuativo — Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia — Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti — Carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativamente al punto ed al fatto decisivo della controversia - errata ricostruzione della vicenda ed errata interpretazione delle prove offerte" in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.

 Sostiene il ricorrente che la Corte d'Appello avrebbe errato nell'escludere che il tratto di strada ove si era verificato il sinistro non fosse qualificabile in termini di pista ciclabile, in quanto, dall'esame dei luoghi, risultava piuttosto che si trattava invece della prosecuzione della stessa, interrotta dalla presenza di un attraversamento pedonale, di talché "il Comune aveva creato un passaggio ad hoc per consentire ai ciclisti di portarsi sul lato opposto della strada così da evitare la rotatoria".

 In ogni caso — aggiunge — anche a voler considerate il tratto di strada come pedonale, il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare, da un lato, che ai sensi dell'art. 3 c.d.s. i velocipedi possono circolare anche nelle aree pedonali e dall'altro che, sempre in base al predetto articolo nonché agli artt. 37 e 38 c.d.s. e 75 del regolamento attuativo, sarebbe stato obbligo del Comune segnalare l'eventuale divieto per le biciclette di transitare in tale area.

 Oltre a ciò, sostiene il ricorrente, il Comune di C. M. avrebbe dovuto segnalare la buca nella quale è caduto e non nasconderla alla visibilità di chi tale luogo frequenta.

 Il motivo è inammisibile nella parte in cui il ricorrente chiede alla Corte di legittimità un diverso apprezzamento dei fatti e una rivalutazione delle emergenze probatorie, sollecitando un tipo di sindacato precluso in sede di legittimità.

 La qualificazione del tratto di strada percorso dal V. quale zona del perimetro urbano estranea alla pista ciclabile attiene infatti esclusivamente al merito della vicenda.

 A diverse conclusioni deve, invece, pervenirsi quanto alle ulteriori censure svolte nel primo mezzo in ordine alla individuazione del regime giuridico dell'area teatro del sinistro.

 Infatti in base alle previsioni del codice della strada in via di principio e salvo diversa segnalazione - la cui esistenza doveva evidentemente essere provata dall'Ente - le zone pedonali non sono tout court interdette al transito dei velocipedi, vero essendo che piuttosto che l'art. 3, comma 1, n. 2 del Codice della Strada definisce l'area pedonale come "zona interdetta alla circolazione dei veicoli, salvo", tra gli altri, "i velocipedi" e ferma la possibilità per i comuni di "introdurre, attraverso apposita segnalazione, ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali".

 Erra quindi la Corte d'appello allorché ritiene irrilevante la mancanza di segnaletica orizzontale per essere la stessa "preordinata ad organizzare e disciplinare" la sola circolazione sulle strade.

 4.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 2051 c.c. e dell'art. 1227 c.c., in relazione agli artt. 360 n. 1 e 5 c.p.c., per non aver la Corte d'Appello applicato il principio di corresponsabilità tra il V. ed il Comune di C. M.

 Il motivo, con il quale il V. lamenta l'omessa valutazione da parte della Corte d'Appello del concorso del fatto colposo dell'infortunato ai sensi dell'art. 1227 co. 1 c.c., è fondato.

 La Corte territoriale, ha ricostruito la dinamica dell'incidente ritenendo che l'evento fosse imputabile esclusivamente al V. il quale, ponendo in essere una condotta imprudente e negligente, avrebbe interrotto il nesso eziologico tra fatto e danno.

 Ha, quindi, attribuito al solo danneggiato la responsabilità dell'incidente omettendo di valutare se le condizioni dei luoghi fossero tali che l'ipotizzata imprudenza dell'infortunato avesse semplicemente concorso a cagionare il danno, senza assurgere tuttavia a causa esclusiva dello stesso.

 Ciò che manca nella sentenza impugnata è in definitiva la verifica del se un comportamento colposo della vittima — come l'avere, in tesi, circolato in bicicletta su un'area interdetta al traffico dei velocipedi — valesse ad escludere ogni responsabilità del Comune, consistente nell'avere lasciata aperta, incustodita e per giunta non segnalata e non intercettabile una buca di quelle dimensioni e di quella profondità.

 5. In tale contesto la sentenza impugnata deve essere cassata.

 6. Spetterà al giudice di rinvio riesaminare il caso, alla luce delle indicazioni contenute nella presente decisione, provvedendo anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Brescia in diversa composizione.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2022.

 

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