Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 26052 del 5 settembre 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 26052 del 05/09/2022
Circolazione Stradale - Artt. 172 e 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del trasportato - Rapporto di causalità tra i comportamenti e l'evento dannoso - Valutazioni - Competenze - In materia di responsabilità da sinistro derivante dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico.


RITENUTO IN FATTO

1. Nella notte del (OMISSIS) si verificò, lungo la strada statale (OMISSIS), un tragico incidente nel quale la vettura condotta dal cittadino albanese C. E., a bordo della quale viaggiava come trasportato il giovane albanese H. H., andò fuori strada, terminando la propria corsa contro un ponticello in cemento armato sito all'incirca 80 metri dopo il punto nel quale il mezzo era fuoriuscito dalla sede stradale.

A seguito dell'urto morirono sia il conducente che il trasportato e risultò che la vettura era sprovvista di copertura assicurativa.

In conseguenza di tale fatto i familiari del trasportato H. H. cioè C. M. ed H. E. A., in rappresentanza degli altri (padre, fratello e nonni del defunto) - convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Latina, il proprietario della vettura, M. A., e la società di assicurazione I. As., quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo il risarcimento dei relativi danni.

Si costituì in giudizio il M. eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva per aver egli venduto la vettura al conducente (anch'egli defunto) C.E. in data antecedente al verificarsi dell'incidente; e, a seguito di ciò, gli attori chiesero di poter integrare il contraddittorio nei confronti degli eredi del proprietario e conducente C. E..

Si costituì anche la società di assicurazione, chiedendo il rigetto della domanda.

Nel corso del giudizio il Tribunale concesse una provvisionale in favore degli attori; indi, decidendo la causa, dichiarò il difetto di legittimazione passiva di M. A., riconobbe l'esclusiva responsabilità del conducente nella determinazione dell'incidente e condannò in solido la società di assicurazione e gli eredi del conducente al risarcimento dei danni, liquidati nella complessiva somma di Euro 70.000 in favore di C. M. e di Euro 360.000 in favore di H. E., quest'ultimo in proprio e in qualità di procuratore degli altri prossimi congiunti, con il carico delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata in via principale dalla società di assicurazione e in via incidentale da C. M. ed H. E. (in proprio e nella qualità) e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 12 dicembre 2018, ha rigettato l'appello incidentale, ha parzialmente accolto l'appello principale e, in riforma della decisione impugnata, ha ridotto l'entità del risarcimento a favore degli appellati.

Ha osservato la Corte territoriale, ai limitati fini che interessano in questa sede, che l'appello della società assicuratrice doveva essere parzialmente accolto perché dall'istruttoria espletata era emerso che lo sfortunato giovane H. H., che viaggiava sul sedile di destra accanto al conducente, era stato rinvenuto esanime all'interno della vettura, privo delle cinture di sicurezza. Il nesso causale tra tale colposa omissione, sanzionata dall'art. 172 C.d.S., e il grave trauma cranico riscontrato dall'esame autoptico sul cadavere determinava, secondo la Corte di merito, la necessità di ridurre l'entità del risarcimento nella misura di un terzo a titolo di concorso di colpa (art. 1227 c.c.).

3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma propongono ricorso C. M., in proprio e quale procuratore speciale di C. B. B. e C. A. M., nonché H. E., in proprio e quale procuratore speciale di A. S. e H. J. A., con unico atto affidato a tre motivi.

Resiste la Ge. Italia s.p.a. con controricorso.

M. A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva la Corte, preliminarmente, che la società di assicurazione ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in relazione alle posizioni di alcuni tra i ricorrenti, per estinzione del mandato, difetto di procura e carenza di legittimazione attiva.

Su tali eccezioni la Corte non ritiene di doversi pronunciare, in ossequio al criterio decisorio della c.d. ragione più liquida, per le ragioni che si vanno di seguito ad illustrare.

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza ed error in procedendo, con violazione dell'art. 115 c.p.c., per mancanza assoluta di motivazione o motivazione comunque apparente.

Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto provato il fatto colposo del trasportato, ai sensi dell'art. 1227 c.c., consistente nel mancato utilizzo delle cinture di sicurezza.

Richiamando le conclusioni del consulente tecnico incaricato di svolgere l'esame autoptico sul cadavere, i ricorrenti rilevano che la Corte d'appello sarebbe incorsa in un errore di percezione, perché dalla relazione non risultava indicata l'esistenza di un trauma cranico sul corpo della vittima, per cui il mancato uso delle cinture non sarebbe stato provato. Ci si troverebbe, quindi, in presenza di una violazione dell'art. 115 cit., perché la sentenza avrebbe ridotto l'entità del risarcimento senza una vera motivazione o con una motivazione ritenuta apodittica.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2054 e 2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo e controverso in causa.

Secondo i ricorrenti, la Corte d'appello avrebbe ritenuto dimostrato il concorso del fatto colposo della vittima, per la mancata utilizzazione delle cinture di sicurezza, in assenza di elementi idonei a provare detta circostanza. Tale comportamento colposo era stato da sempre contestato dai ricorrenti; infatti, mentre il cadavere del conducente era stato rinvenuto all'esterno della vettura, quello del trasportato era stato rinvenuto all'interno, accasciato col petto sul cruscotto. L'esame autoptico aveva consentito di riscontrare, poi, un alone sull'emitorace sinistro, compatibile con la presenza della cintura di sicurezza, che sarebbe stata poi strappata a causa del violentissimo urto. Ne deriva, secondo i ricorrenti, che l'intera responsabilità dell'accaduto doveva essere posta a carico del conducente, in assenza di un'effettiva prova del concorso di colpa del trasportato.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4), dovuta alla mancanza della motivazione.

Osservano i ricorrenti che non vi sarebbe alcuna effettiva motivazione, da parte della Corte d'appello, delle ragioni per le quali la sentenza di primo grado è stata riformata. La motivazione si presenta apodittica, perché il presunto mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del trasportato sarebbe stato dedotto solo dal fatto che nel momento del ritrovamento del cadavere le stesse risultavano non allacciate.

5. I tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, attesa l'evidente connessione tra loro esistente, e sono tutti inammissibili.

5.1. Giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni affermato che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, e le ordinanze 5 giugno 2018, n. 14358, e 11 aprile 2022, n. 11656).

5.2. Nel caso in esame la Corte d'appello, benché con una motivazione alquanto stringata, ha tuttavia dato conto, anche attraverso il richiamo al verbale redatto dalla Polizia stradale, delle ragioni per le quali ha riconosciuto un concorso di colpa a carico del trasportato, a causa del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza.

A fronte di tale motivazione le censure prospettate nel ricorso - pur contenendo profili suggestivi in ordine ad una diversa possibile ricostruzione della dinamica del sinistro, secondo cui il trasportato non aveva riportato un trauma cranico ed aveva invece indossato la cintura di sicurezza - si risolvono nell'evidente tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito.

6. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato paria quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2022.

 

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