Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 36777 del 10 settembre 2015

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 36777 del 10/09/2015
Circolazione Stradale - Artt. 11, 186 e 187 del Codice della Strada - Incidente stradale - Concetto - Ai fini dell'integrazione dell'aggravante dell'incidente stradale prevista dall'art. 186, comma 2-bis del C.d.S., rientra anche l'autonoma uscita di strada che non coinvolge altri utenti e non solo quella di investimento e di collisione tra autoveicoli che implichino danni a cose proprie o altrui o lo scontro con altri veicoli o comunque il coinvolgimento di terze persone con danni alle stesse, ma qualsiasi situazione che esorbiti dalla normale marcia del veicolo in area aperta alla pubblica circolazione, con pericolo per l'incolumità altrui e dello stesso conducente.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 14/7/2014, confermò quella emessa il 25/5/2013 dal Tribunale di Avellino, con la quale (Soggetto 1), giudicato colpevole del reato di cui all'art. 187 C.d.S., commi 1 e 8, era stato condannato alla pena stimata di giustizia.

2. Avverso quest'ultima sentenza l'imputato ricorre per cassazione allegando plurimi motivi di censura.

2.1. Con i primi due motivi, denunzianti violazione di legge e vizio motivazionale, si assume quanto segue: la Corte di merito aveva errato nell'aver considerata provata l'attuale presenza ematica dei principi attivi della cocaina e dei cannabinoidi, in quanto al test qualitativo effettuato presso struttura ospedaliera sarebbe stato necessario far seguire altro accertamento che, oltre al referto di mera positività, fosse stato in grado di indicare le quantità presenti nel sangue.

Inoltre, l'indicazione annotata a verbale di "agitato" non poteva considerarsi univoca e, sul punto, la testimonianza del militare operante, articolata e precisa, poiché in contrasto con la sintesi di quanto verbalizzato, appariva sospetta.

Infine, la Corte napoletana era incorsa in travisamento della prova: non era vero che la testimonianza del maresciallo (Soggetto 2) aveva confermato quella resa dall'altro militare (Soggetto 3), che non era stato affatto visto dal primo.

Per contro, soggiunge il ricorrente, lo stato di alterazione avrebbe dovuto essere supportato da valutazioni cliniche, a conferma di analisi di secondo livello. Lo stato di agitazione, poi, era ampiamente giustificato dalla disperazione che si era impadronita dello (Soggetto 1) poiché la neonata che prendeva posto sull'autovettura da costui condotta, a cagione dell'impatto dovuto all'incidente, era stata sbalzata fuori dal finestrino, e, nell'immediatezza, non era stata ancora rinvenuta.

2.2. Con il terzo ed il quarto motivo, anch'essi denunzianti violazione di legge e vizio motivazionale, l'imputato si duole della pena, fissata quasi nella misura massima, nonostante la presenza di soli precedenti contravvenzionali; nè avrebbe potuto farsi pesare il coinvolgimento della minore nell'incidente, non trattandosi di reato di lesioni. Inoltre, l'aggravante di aver procurato un incidente stradale non sussisteva poichè si era trattato di un'autonoma uscita di strada, che non aveva coinvolto altri utenti.

Infine viene criticato l'escluso riconoscimento delle attenuanti generiche: grado della colpa e modalità del fatto costituivano, a parere dello (Soggetto 1), elementi da prendere in considerazione, ex art. 133 c.p., nella fase della stima della pena, nel mentre l'art. 62 bis c.p., era diretto alla valutazione di altre e diverse situazioni non contemplate dal citato art. 133.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è destituito di giuridico fondamento.

3.1. Quanto alle censure mosse con i primi due motivi deve osservarsi quanto segue.

3.1.1. Questa Corte di cassazione ha più volte avuto modo di precisare che in presenza di un quadro sintomatologico di alterazione mentale e fisica, la cui derivazione dall'assunzione di una delle sostanze previste dalla legge venga conclamata dagli esami di laboratorio, non occorre l'ulteriore conferma derivante dalla visita di medico specialista (cfr. Cass., Sez. IV, 20/4/2010, n. 31966; Sez. 4^, n. 9155/13 del 28/11/2012), proprio perché un quadro di tal fatta dimostra inequivocamente che il conducente si era posto alla guida in stato di alterazione (attuale), causato dall'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Deve escludersi, proprio tenuto conto della funzione che la legge attribuisce al riscontro costituito dalle analisi di cui detto (accertare che nell'organismo siano presenti i principi attivi di sostanze stupefacenti o psicotrope), che i risultati debbano giungere fino a quantificare esattamente la percentuale riscontrata nel sangue. La circostanza, infatti, che il soggetto si sia posto alla guida sotto l'attuale effetto disturbante delle sostanze in parola si trae dai sintomi registrati al momento del controllo, di comune percezione.

3.1.2. La sussistenza del quadro sintomatologico costituisce accertamento di fatto, che se sorretto da adeguata motivazione non può essere censurato in sede di legittimità. Nel caso in esame la Corte di merito ha tratto convincimento circa la sussistenza di un tale stato dalle modalità con le quali l'incidente (peraltro importante) si era verificato (il ricorrente era uscito fuori strada, avendo perso del tutto il controllo del mezzo, dal quale era sta catapultata fuori la minore trasportata, ritrovata, poi, grazie alle ricerche delle forze dell'ordine, ancora miracolosamente in vita) e per l'alterazione del soggetto immediatamente percepibile (presentava le pupille dilatate, aveva conati di vomito e stimoli incontrollati di minzione).

Escluso, all'evidenza, travisamento della prova, il quale implica che il giudice abbia utilizzato per la decisione risultanze probatorie diverse rispetto a quelle legittimamente acquisite, la prospettazione esposta, del tutto congetturale, ipotetica ed apodittica, non è in grado di smentire l'esito dell'accertamento strumentale, confermato dai plurimi ed inequivoci segnali sintomatici.

In particolare la contestazione del contenuto della deposizione del citato teste appare del tutto gratuita e generica: è ben ovvio che il militare, sentito come teste, abbia raccontato minutamente l'episodio e le circostanze utili, nel mentre l'annotazione a verbale, per forza di cose, non può che essere sommamente sintetica (anche per ciò, infatti, il verbalizzante viene ascoltato dal giudice nella pienezza del contraddittorio).

In ordine, poi, alle dichiarazioni rese dall'altro militare (Soggetto 2), escluso, ovviamente, per quel che si è sopra anticipato, il travisamento, in quanto, al più avrebbe potuto porsi, in astratto, una questione attinente all'interpretazione delle dichiarazioni da costui rese, non resta che rilevare l'inconcludenza, sul punto, del dedotto vizio riguardante il vaglio probatorio.

La prova dell'alterazione, infatti, emergeva inequivocamente dai fatti descritti dal primo teste, mentre dalla deposizione del secondo la Corte di merito non ha tratto alcuno specifico supporto argomentativo, essendosi limitata a riferire che quest'ultimo aveva confermato la necessità degli accertamenti sanitari.

In definitiva, il ricorrente, proponendo una ricostruzione dell'evento diversa da quella operata dal giudice di merito, non mostra di aver tenuto adeguato conto della norma processuale la quale consente riesame in sede di legittimità del percorso motivazionale (salvo l'ipotesi dell'inesistenza) nei soli casi in cui lo stesso si mostri manifestamente (cioè grossolanamente, vistosamente, ictu oculi) illogico o contraddittorio, dovendo, peraltro, il vizio risultare, oltre che dalla medesima sentenza, da specifici atti istruttori, espressamente richiamati (art. 606, comma 1, lett. e).

Peraltro, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo apparisse di una qualche plausibilità.

Sull'argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla sentenza n. 15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il "novum" normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere a un'inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione. È stato utilmente chiarito (sentenza 6/11/2009, n. 43961 di questa Sezione) che il giudice di legittimità è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto. Pertanto, ove si deduca il vizio di motivazione risultante dagli atti del processo non è sufficiente che detti atti siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua complessiva ricostruzione dei fatti e delle responsabilità, ne’ che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudice.

Occorre, invece, che gli atti del processo, su cui fa leva il ricorrente per sostenere la sussistenza di un vizio della motivazione, siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione.

Al contrario, a fronte della prospettazione meramente congetturale, ipotetica e generica propugnata con il ricorso (l'alterazione avrebbe potuto avere diversa, ma ignota e neppure allegata, causa l'agitazione avrebbe dovuto ricollegarsi alla preoccupazione per le sorti della piccola trasportata) si staglia la compiuta, coerente, esaustiva e non contraddittoria motivazione della Corte territoriale, che ha diversamente apprezzato i fatti rispetto al giudice di primo grado offrendo una ricostruzione pienamente condivisibile, al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass., 6^, n. 8705 del 24/1/2013).

3.2. Non meno prive di giuridico fondamento devono ritenersi le censure mosse con il terzo ed il quarto motivo.

Come più volte chiarito in questa sede (cfr., da ultimo, Sez. 4^, n. 21294 del 20/3/2013, Rv. 256197) la stima quantitativa della sanzione penale si sottrae al sindacato di legittimità ove il giudice del merito abbia dato mostra di aver tenuto conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p..

Nel caso in esame, con ragionamento incensurabile la Corte di merito ha stigmatizzato la particolare gravità della colpa (l'imputato, si era posto alla guida di un autoveicolo, trasportando una neonata, la quale, evidentemente non assicurata da strumenti adeguati di contenzione, a causa dell'incidente era stata sbalzata per aria) e, ben ragionevolmente, della complessiva modalità del fatto. A riguardo di quest'ultimo profilo erra il ricorrente nel ritenere che trattandosi di reato di pericolo il giudice non possa tener conto nella stima della pena della concreta gravità del fatto, che ha concretizzato e reso tangibile l'evenienza di pericolo che la norma è diretta a prevenire.

3.2.1 Ammesso che sia stata riconosciuta sussistere l'aggravante di cui all'art. 187 C.d.S., comma 1 bis, (la circostanza di aver provocato un incidente), evenienza che non appare potersi cogliere dal capo d'imputazione riportato in sentenza, una tale scelta non merita affatto la mossa critica.

Sul punto basterà richiamare quanto già reiteratamente affermato da questo Collegio, sia pure in relazione all'ipotesi di guida in stato d'ebbrezza, la cui disciplina in ordine all'aggravante è del tutto sovrapponile, sia sintatticamente che logicamente.

L'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, aggrava le sanzioni qualora il conducente in stato d'ebbrezza provochi un incidente stradale. La norma punisce più severamente il fatto di colui che, postosi alla guida in condizioni psico-fisiche alterate dall'uso di alcolici, abbia non solo perciò messo in atto condotta d'astratto pericolo, ma abbia dato luogo a ad una emblematica e comprovata anomalia nella marcia del veicolo, costretto ad arrestarsi attraverso modalità patologiche (nel caso all'esame, l'autovettura finì fuori strada, riportando cospicui danni).

Proprio per questa ragione si è ritenuto che il concetto di "incidente stradale" richiamato, ai fini dell'integrazione dell'aggravante prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, è ben più ampio di quelli d'investimento e di collisione tra autoveicoli, che vi sono, in ogni caso, ricompresi: infatti, esso non implica necessariamente la produzione di danni a cose proprie o altrui o lo scontro con altri veicoli o comunque il coinvolgimento di terze persone con danni alle stesse, bensì qualunque situazione che esorbiti dalla normale marcia del veicolo in area aperta alla pubblica circolazione, con pericolo per l'incolumità altrui e dello stesso conducente (Cass., 4^, 21/12/2011, n. 6381).

La previsione, infatti, non è diretta ad evitare ingorghi o rallentamenti, ma situazioni di grave pericolo, derivanti dall'inadeguate condizioni psicofisiche nelle quali l'agente si pone alla guida. Di conseguenza, è irrilevante la circostanza che, per fortuite coincidenze, lo sbandamento condusse l'imputato fuori strada senza coinvolgere altri utenti (senza tener conto, per comodità espositiva, della minore trasportata), infatti, quel rende la fattispecie aggravata è il fatto che il conducente, postosi alla guida in condizioni psicofisiche alterate dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, abbia concretamente dimostrato di non essere in grado di padroneggiare il mezzo.

3.2.2. La concessione o meno, poi, delle attenuanti generiche è frutto di un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato, peraltro anche implicitamente, attraverso l'esame dei criteri di cui all'art. 133 c.p. (Cass., Sez. 6, n. 36382 del 4/7/2003, Rv. 227142). In ogni caso, l'imputato neppure si perita d'indicare le ragioni di meritevolezza della rivendicata attenuante e, comunque, di un trattamento penale più favorevole.

4. All'epilogo consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2015.

 

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