Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 21835 del 8 giugno 2010

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 21835 del 08/06/2010
Circolazione Stradale - Artt. 186 e 213 del Codice della Strada - Reato più grave di guida in stato di ebbrezza alcolica - Confisca del veicolo - Proprietà comune ed indivisa tra l'imputato ed un terzo estraneo ai fatti - Nella più grave delle ipotesi del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, che contempla in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato anche se in proprietà comune ed indivisa tra l'imputato ed un terzo estraneo ai fatti, la garanzia della disponibilità a quest'ultimo della propria quota del bene sarà assicurata attraverso il recupero del valore economico della stessa a seguito della sua vendita.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

1 - (Soggetto 1) ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale di Venezia, del 19 giugno 2009, che ha respinto l'appello dalla stessa proposto avverso il provvedimento, del 20 maggio 2009, con il quale il Gip dello stesso tribunale ha respinto la richiesta di restituzione dell'autovettura "(Omissis)", tg. (Omissis), posta sotto sequestro perché di essa è stato trovato alla guida, in stato di ebbrezza alcolica (con valori pari a 2,32 e 2,41 g/l) il marito (Soggetto 2), intestatario del veicolo. La richiesta di dissequestro era stata formulata in vista della posizione di comproprietaria della vettura in questione, nascente dal regime di comunione dei beni esistente tra i coniugi.

Il tribunale, nel rigettare la richiesta, ha affermato che la contitolarità dell'auto non era di ostacolo al sequestro ed alla confisca, peraltro obbligatoria ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c).

Avverso tale decisione ricorre, dunque, la (Soggetto 2) che deduce: a) vizio di motivazione circa l'addebito mosso alla ricorrente di avere tenuto un comportamento negligente o almeno agevolatore della condotta posta in essere dal marito; b) vizio di motivazione in ordine alla individuazione delle ragioni che hanno indotto il tribunale a respingere la richiesta di restituzione dell'auto, indicate nella natura indivisibile del bene sequestrato; c) illegittimità costituzionale dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), per contrasto con gli artt. 42, che tutela il diritto di proprietà, 27, che sancisce il principio di personalità della responsabilità penale, e 3 che sancisce il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

2 - Il ricorso è infondato.

In realtà, a prescindere dalla condotta agevolatrice del terzo estraneo al reato, nulla vieta al giudice di disporre il sequestro, operato in funzione della successiva confisca, di un bene in proprietà comune ed indivisa tra un imputato ed un terzo estraneo ai fatti. Naturalmente, sia il sequestro che la confisca non potrebbero che riguardare la sola quota di proprietà del primo, restandone esclusa la parte di pertinenza del secondo.

Ovviamente, la particolare natura del bene raggiunto, nel caso di specie, dal provvedimento di sequestro, indiviso ed indivisibile, non può che comportare - in vista dell'esigenza di assicurare il conseguimento delle finalità del provvedimento ablatorio - la materiale apprensione dell'intero, e dunque privare della disponibilità dello stesso anche il proprietario terzo estraneo ai fatti. Sarà, quindi, in sede di confisca e di esecuzione che si dovranno adottare le decisioni necessarie per garantire al terzo la disponibilità della propria quota, eventualmente attraverso il recupero del valore economico della stessa.

In tali termini specificati la funzione ed i limiti del sequestro, vengono meno tutte le obiezioni ed eccezioni proposte dai ricorrenti in tema di asserita violazione delle richiamate norme costituzionali da parte dell'art. 186 C.d.S., la cui formulazione certamente non si pone in contrasto con i diritti di uguaglianza, di proprietà e di personalità della responsabilità penale.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2010.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale